La tradizione scientifica a cui più direttamente si ispira la tradizione di studi e di ricerca del Centro è quello sistematico-ralzionale che ha come essenziali punti di riferimento concettuale, da un lato la “teoria generale dei sistemi” di L. Von Bertalanfyi (ISEDI, Milano 1971) e dall’altro l’indirizzo epistemologico di Gregory Bateson (v. “Verso un’ecologia della mente, Adelphi, Milano 1977. “Mente e Natura”, Adelphi, Milano 1984).
Dal punto di vista clinico, i riferimenti più importanti che ispirano la pratica terapeutica e i programmi formativi del Centro, sono rappresentati alla Pragmatica della Comunicazione umana del gruppo di Palo Alto (v. Watzlavick e al:, Astrolabio, Roma 1971), dalla terapia familiare strutturale di S. Minuchin (v. “Famiglia e terapia della famiglia”, Astrolabio, Roma 1976), della terapia strategica di J. Haley (v. “Le strategie della psicoterapia”, Sansoni, Firenze, 1974), dalla terapia strategico-paradossale di M. Erickson (v. “Terapie non comuni”m Astrolabio, Roma 1976) dalla terapia strategico-esperenziale di C. Witaker (v. “Il gioco e lo assurdo” e “Il crogiolo della famiglia”, Astrolabio, Roma) e delle opere fondamentali dei suoi stessi didatti.
Come è ben noto, la psicologia generale e la psicologia clinica sono debitrici all’orientamento sistemico-relazionale di alcune acquisizioni di grande rilievo: l’estensione del concetto di equilibrio della psicodinamica dell’individuo, al sistema interpersonale di cui fa parte; il principio di causalità circolare che stabilisce influenze e correlazioni reciproche tra disturbo psicopatologico dell’individuo e disfunzione relazionale e comunicativa del suo nucleo relazionale di appartenenza; il concetto di contesto che amplia la sfera di comprensibilità di comportamenti tradizionalmente giudicati incomprensibili; e ancora, nel campo più specifico delle psicosi schizofreniche, la teoria interpretativa che va sotto il nome di teoria del “doppio legame” (che si deve, nella sua primitiva foraulazione, a Bateson, Jackson, Haley e Weakland nel noto articolo del 1956 “Toward e Theory of Schizophrenia”, trad. ital. in L. Cancrini (a cura di), “Verso una teoria della Schizofrenia”, Boringhieri, Torino, 1977).
Se il modello sistemico-relazionale è il principale riferimento teorico-pratico dei programmi formativi del Centro, spazio di discussione, informazione e applicazione è stato lasciato sempre peò anche ad altri approcci: dai principi basilari della psicoanalisi (nell’analisi delle dinamiche individuali del paziente e dell’uso del sé del terapeuta) ad alcuni indirizzi e tecniche dello psicodramma analitico, della Gestalt dell’analisi transazionale, del cognitivismo sistemico.
All’interno di questo quadro di riferimento una caratteristica fondamentale e comune dei didatti del Centro è stata, fin dall’inizio, la tendenza a considerare la terapia familiare e le tecniche che la rendono possibile come una metodologia di interpretazione della realtà applicabile a situazioni e contesti ben più allargati che la famiglia: dall’ambiente di lavoro alla scuola, alle istituzioni sanitarie e psichiatriche. Questa attenzione al rapporto dialettico tra livello macrosociale e livello microsociale e alle influenze che sulla stessa famiglia vengono esercitate dal contesto soci-culturale più largo, era la conseguenza del background personale di molti membri dello staff che avevano partecipato attivamente al processo di rinnovamento dell’assistenza psichiatrica in Italia, avviato da Franco Basaglia e che sottolineavano all’inizio la possibilità e la necessità di collegare la lotta per il rinnovamento dell’assistenza con lo sviluppo di un bagaglio conseguente di competenze e di professionalità profondamente rinnovate. (Cancrini, L. e Malagoli Togliatti, M., 1976; Onnis, L. e Lo Russo, G. 1980). Si tratta di un orientamento che ha avuto conseguenze notevoli in una pratica formativa destinata, in modo prioritario agli operatori dei servizi pubblici privilegiando come “luogo di formazione” lo stesso contesto del Servizio. Erano i formatori del Centro, spesso, quelli che si spostavano per andare a svolgere all’interno dei luoghi di lavoro degli operatori, all’interno dei loro servizi, dopo aver stabilito accordi con le amministrazioni pubbliche locali: collaborando a quel graduale cambiamento dell’assistenza offerta dai servizi che consiste nella introduzione di un approccio psicoterapeutico nella comprensione e nella terapia dei disturbi psichici; migliorando la qualità delle risposte e tentando di dare il loro contributo ad una più ampia trasformazione della cultura diffusa sulla diversità e sulle malattie mentali.
Sviluppata all’interno di situazioni estremamente diversificate l’esperienza portata avanti dai didatti del Centro ha utilizzato senza rigidità a questo scopo una pluralità di modelli di intervento che si sono dimostrati più o meno utili a seconda delle caratteristiche del contesto terapeutico (tipologia del problema e della famiglia, fase acuta o cronica del disturbo, luogo dell’incontro ecc.). Dal punto di vista teorico ciò ci ha portato a non assolutizzare il valore delle proposte portate avanti da differenti scuole di terapia con cui, nel corso degli anni, siamo venuti in contatto: alla ricerca costante di una sintesi che si ponesse ad un livello concettuale che ne riconosce la comune matrice sistemica (Cancrini, L., 1987, Cancrini, L. e La Rosa, C. 1991) e di una attenzione alla verifica dei contesti particolari in cui ognuno di essi si dimostrava utile.
E’ proprio in questa direzione che vanno segnalati dei contributi particolarmente importanti del Centro e dei suoi didatti in alcuni settori chiave dell’intervento psicoterapeutico: sul fronte delle tossicodipendenze (Cancrini, L., 1982, 1983, 1988), delle psicosi schizofreniche (Cancrini, L., 1975, Cancrini, M.G. e Harrison L., 1980) dei disturbi psicosomatici (Onnis, L., 1988, 1990) delle coppie (Cancrini M.G. e Harrison, L., 1986) delle famiglie multiproblematiche (Malagoli Togliatti M., 1988) della scuola (Cancrini, L. 1974).