Questo bel volume di Antonio Romanello, psicoterapeuta sensibile e colto, didatta del Centro Studi di Terapia Familiare e Relazionale di Roma, presidente e Direttore della Scuola Change di Bari, supervisore e formatore molto noto nell’ambito della salute mentale e della scuola, raccoglie l’esperienza di una lunga vita professionale – svolta soprattutto tra Puglia e Basilicata – in cui coniuga da sempre il lavoro clinico con la conoscenza scientifica e l’impegno sociale. In questo suo ultimo lavoro dedicato all’incontro con il dolore vengono connessi studi provenienti da ambiti diversi della più aggiornata ricerca scientifica, dalla neurobiologia alle neuroscienze, dall’Infant Research ai neuroni specchio, dalla psicologia dello sviluppo e le teorie sull’attaccamento all’esperienza diretta con le famiglie e con la sofferenza. Il filo rosso che unisce i diversi capitoli è la continua ricerca di isomorfismi tra la sintonizzazione affettiva primaria nella relazione madre-bambino (con la sua riconosciuta rilevanza sulla salute dell’individuo nel corso della sua crescita) e la sua inevitabile replica nella relazione terapeutica, dove la sintonizzazione tra terapeuta e paziente costituisce per l’autore la conditio sine qua non per avviare il processo di ascolto e di conoscenza (la costruzione e ricostruzione della storia relazionale e affettiva del paziente) e per l’intero processo di cura.
Parafrasando Salvatore Natoli, il dolore permette a chi soffre di comunicarlo e a chi guarda di presentirlo, il sofferente, nonostante il muro che lo separa dagli altri cerca parole, e forse anche le trova, ma senza l’ascolto la sofferenza rimarrebbe esperienza muta. Se la sintonizzazione emotiva tra il bambino e l’adulto rappresenta un fattore protettivo fondamentale per l’evoluzione umana, incidendo notevolmente sulla qualità dello sviluppo – come le ricerche degli ultimi quarant’anni hanno ben saputo dimostrare – altresì l’esperienza dell’incontro con il dolore in psicoterapia può essere sovrapponibile a quella di una comune esperienza umana, di conforto, di accudimento, di vicinanza protettiva, di costruzione di un rapporto fiduciario che dimostra oggi, non solo attraverso l’evidenza clinica, ma su base sperimentale e scientifica, che la relazione terapeutica possa costituire una base sicura tale da sostituirsi ad un legame distorto o traumatico e quindi in grado di riparare le storture che hanno condizionato la nostra crescita. Il volume, corredato di eccellenti casi rappresentativi, spazia dal lavoro clinico individuale e familiare nei contesti psicosociali, ai percorsi di cura in psicoterapia, diviene potente strumento di apprendimento, didatticamente efficace, quando scandisce metodologicamente le prime fasi dell’accoglienza del dolore, il primo contatto, la domanda, i primi colloqui, la condivisione degli obiettivi terapeutici. Ne troviamo un esempio significativo condensato nell’intervento su Marta e Karin (la madre e la figlia) in cui modelli teorici divengono tutt’uno col processo terapeutico e con la sensibilità di chi accoglie. Il diventare ed essere persona così come il diventare ed essere psicoterapeuta, nel capitolo conclusivo, richiama ancora una volta il “frattale” madre-terapeuta, crescita-cambiamento, base sicura-alleanza terapeutica. Anche il modello formativo non può che essere isomorfo a quello terapeutico: se in terapia il nostro compito è sintonizzarci con il paziente per rintracciare insieme a lui ciò che non ha funzionato nel suo processo di sviluppo e ciò che è riparabile attraverso la relazione terapeutica, connettendo le manifestazioni sintomatiche del presente con quelle interpersonali, familiari e intergenerazionali del passato, così nella formazione ogni futuro psicoterapeuta dovrà poter riconoscere e ricostruire i passaggi fondamentali del proprio processo di crescita, la sua esperienza affettiva nella famiglia d’origine e nelle relazioni sociali, i processi di resilienza ma anche i nuclei di debolezza residuali. Il processo di supervisione e l’esperienza prolungata nel gruppo di training dovranno essere in grado di restituire “vissuti emotivi trasformati”, rielaborati e pacificati, rendendo consapevoli e costruttive (e quindi inoffensive) eventuali risposte proiettive, distanzianti o collusive, e comunque attinenti proprie dinamiche personali, più che appartenenti agli assetti relazionali dei pazienti. In questo testo Romanello getta sostanzialmente un ponte tra intrapsichico e interpersonale, attaccamento e relazioni primarie, legami familiari attuali e processi intergenerazionali. La meta è raggiungere le vette di un pensiero complesso indispensabile per affrontare le sfide del presente e le sofferenze dell’attualità. Un gran lavoro che segnala l’ampiezza delle sue letture e la profondità e umanità del suo sguardo, ma in una traduzione letteraria leggera e di agile lettura che si offre agli specialisti, ma anche agli allievi, agli insegnanti e a quanti operano nel settore sociosanitario.
Gianni Cambiaso
Didatta della Scuola di specializzazione in psicoterapia familiare fondata da Mara Selvini Palazzoli e direttore didattico della sede di Brescia
Roberto Mazza
Didatta della Scuola di specializzazione in psicoterapia familiare fondata da Mara Selvini Palazzoli e docente presso l’Università di Pisa